Il rettocele, noto anche con il nome di prolasso vaginale posteriore, è un'alterata condizione anatomica in cui sussiste una erniazione della parete anteriore del retto sulla parete posteriore della vagina.

PRolasso

In pratica, consiste nello scivolamento (o prolasso) del retto dalla sua normale sede anatomica fin dentro la vagina. Tale evento è il risultato di un indebolimento del pavimento pelvico in quanto membrana che separa il retto dalla vagina, denominata setto retto-vaginale, nel tempo può diventare sottile e debole con la seguente formazione di una membrana sottile e debole con la seguente formazione di una sacca estroflessa.

Il pavimento pelvico è un insieme di muscoli, legamenti, tessuto connettivo, che ricoprono un ruolo fondamentale nel sostenere e nel mantenere nelle loro posizioni l'uretra, vescica e l'intestino. Quando tale struttura si indebolisce e non offre più lo stesso sostegno, possono comparire dei disturbi di natura diversa.

La principale conseguenza del rettocele è la stitichezza, che può condurre a sindrome da defecazione ostruita. Questo accade perché le feci si incastrano nella sacca che si è formata e non riescono a fuoriuscire, provocando un senso di pesantezza nella zona perianale.
Altri disturbi legati al rettocele possono essere difficoltà ad avere rapporti sessuali, dolore pelvico cronico e incontinenza, causata principalmente dalla pressione che la sacca esercita contro la vescia, finendo con infiammare l’uretra.

Inoltre, il rettocele a volte si accompagna al cistocele (ossia la formazione di un’ernia all’interno della vagina provocata dal prolasso della vescica) e al prolasso uterino (cedimento anomalo dell'utero nella vagina a causa della perdita del suo supporto pelvico). Altri organi pelvici possono protrudere nella vagina, come l’intestino tenue (enterocele), provocando dei problemi molto simili. Tuttavia, a differenza di queste condizioni, che si presentano spesso in forme gravi, il rettocele si manifesta, solitamente, in modo lieve.

Vescica

In base all'entità del danno al pavimento pelvico e alle sue dimensioni, si possono distinguere tre forme di rettocele:

  • Rettocele di 1° grado, o lieve: solo una porzione molto piccola di retto invade la vagina.
  • Rettocele di 2° grado, o moderato: la porzione di retto che invade la vagina è notevole, e arriva quasi a raggiungere l'apertura vaginale.
  • Rettocele di 2 grado o grave: il retto fuoriesce dalla vagina, a causa della completa assenza di supporto da parte del setto retto-vaginale.

La terapia dipende dalla severità del rettocele. I casi più lievi si curano con semplici contromisure, che evitano un peggioramento del disturbo. Tuttavia, il trattamento del rettocele è essenzialmente chirurgico, in quanto le terapie di sostegno, quali la fisioterapia o la rieducazione e il rinforzamento dei muscoli, possono dare un aiuto nell’alleviare i sintomi legati soprattutto alla stitichezza, ma difficilmente aiutano nella risoluzione anatomica.

Il rettocele è solitamente causato da assottigliamento del setto retto-vaginale (membrana che separa il retto dalla vagina) e, soprattutto, dall’indebolimento dei muscoli del pavimento pelvico.

Esistono diversi fattori che possono far aumentare il rischio di rettocele:
 

  • Alto numero di parti vaginali: ciascun parto concorre a indebolire, in modo progressivo, la membrana retto-vaginale, fino alla lacerazione di alcune strutture portanti del pavimento pelvico. Secondo alcuni dati, infatti, le donne che hanno partorito più volte per via vaginale sono più soggette a rettocele, mentre donne sottoposte a parto cesareo sono meno colpite da questa patologia.
    Inoltre, parti difficili possono comportare traumi al pavimento pelvico, come, per esempio, l’utilizzo del forcipe o del vacuum extractor o della ventosa, ferite o episiotomia, cioè il taglio chirurgico dell’area tra la vagina e l’ano prima del parto.

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  • Invecchiamento: le donne, superata la menopausa, producono meno estrogeni e ciò determina un rilassamento dei tessuti e dei muscoli del pavimento pelvico. La carenza di estrogeni è causa anche di cistocele e di prolasso uterino
  • Precedenti interventi chirurgici: se una donna è stata sottoposta in passato a interventi chirurgici ginecologici o rettali, possiede un pavimento pelvico più debole. Tra gli interventi agli organi pelvici più favorenti, c'è l'isterectomia, cioè l’asportazione dell’utero, in quanto l’assenza dell’utero comporta un brusco calo del livello di estrogeni, ormoni che contribuiscono a mantenere elastici i tessuti.

  • Fattori genetici: pur trattandosi di una circostanza rara, alcune donne soffrono di malattie congenite, come le collagenopatie, che alterano la struttura del collagene, proteina fondamentale del tessuto connettivo. Di conseguenza, il pavimento pelvico diventa più lasso e facilmente soggetto a lacerazioni.
  • Predisposizione congenita: nel caso di giovani donne che non hanno partorito, invece, è più probabile che la causa sia da ricercare nella predisposizione congenita, associata spesso a disordini della defecazione come il dissinergismo ano-rettale, in cui viene a mancare il corretto rilasciamento del muscolo sfintere nella fase espulsiva della defecazione.

  • Stitichezza cronica: si ritiene che una storia costipazione cronica giochi un ruolo determinante nello sviluppo di un rettocele. In quanto ripetute spinte eccessive per poter evacuare durante la defecazione, con conseguente incremento della pressione addominale sul pavimento pelvico, possono causare l'erniazione della parete anteriore rettale attraverso il setto retto-vaginale e formazione di rettocele.
    L’aumento della pressione sul pavimento pelvico può essere dovuto anche a tosse cronica, sollevamento ripetuto di pesi od obesità, i quali possono causare stress ai tessuti del pavimento pelvico.

 

Di solito, il singolo evento di una delle circostanze sopracitate non è sufficiente a provocare un rettocele; è invece determinante l'accavallarsi di più episodi traumatici, dello stesso tipo (per esempio, più parti vaginali) o di tipo diverso (per esempio, obesità, bronchite o stitichezza cronica).

La maggior parte dei pazienti con un rettocele non ha sintomi. In effetti, circa il 40% di tutti i rettoceli vengono riscontrati casualmente durante un esame di routine. Quando i sintomi sono presenti, possono essere classificati come rettali o vaginali.

I sintomi rettali di rettocele includono:

  • sindrome da defecazione ostruita, ovvero la difficoltà ad evacuare;
     
  • feci che rimangono bloccate nel rettocele;
     
  • sensazione di incompleta evacuazione, anche dopo la defecazione;
     
  • evacuazione manuale, ovvero la necessità di spingere contro la parete posteriore della vagina, o lo spazio tra la vagina e il retto, per poter evacuare;
     
  • sforzi eccessivi per poter evacuare;
     
  • urgenza di defecare più volte al giorno, poiché le feci bloccate nel rettocele ritornano nel retto inferiore quando ci si alza, dando così la necessità di defecare di nuovo;
     
  • costipazione;
     
  • sensazione di pressione a livello rettale;
     
  • dolore rettale;
  • incontinenza fecale, a causa dell’intrappolamento delle feci nel rettocele che possono poi fuoriuscire dall’ano;
     
  • prolasso della mucosa (tessuto rettale che sporge dall’ano);
     
  • sporgenza di una porzione, più o meno estesa, di retto dall'apertura vaginale.

i rettocele, invece, prevedono:

  • dispareunia, ovvero dolore durante un rapporto sessuale;
     
  • sanguinamento vaginale;
     
  • sensazione di rigonfiamento o pienezza vaginale;

Inoltre, al rettocele possono accompagnarsi anche prolassi di altri organi pelvici, come vescica e utero, in quanto le cause scatenanti sono le stesse. Può verificarsi, quindi, che la paziente soffra contemporaneamente di cistocele o prolasso uterino.

Quando rivolgersi a uno specialista?

Rettoceli di lieve entità non richiedono una visita specialistica e nemmeno un trattamento specifico. Tuttavia, è bene tener presente che un rettocele, se sottovalutato, può aggravarsi con un conseguente peggioramento dei sintomi e delle prime complicazioni.

 Si raccomanda, quindi, una visita ginecologica o proctologica quando si iniziano ad avvertire difficoltà di defecazione e dolore, tali da condizionare la vita di tutti i giorni. Ciò significa, infatti, che il rettocele è degenerato da una forma lieve a una più grave, e necessita delle dovute attenzioni terapeutiche.

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Per una corretta diagnosi di rettocele, basta un semplice esame pelvico e una accurata raccolta dei dati anamnestici. Tuttavia, può essere utile approfondire alcuni aspetti, come la severità del disturbo o lo stato di salute del pavimento pelvico, attraverso una serie di esami strumentali come la risonanza magnetica nucleare, l'ecografia e la defecografia che servono ad arricchire la diagnosi iniziale.

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Esame pelvico

Nella maggior parte dei casi, il medico può confermare la diagnosi di rettocele grazie all’esame della regione pelvica che include tipicamente un esame ginecologo e rettale.

L'esame pelvico con esplorazione rettale e vaginale serve allo specialista per capire se si tratta di un rettocele o di un prolasso di un altro organo pelvico. Durante l’esame ginecologico lo specialista pone la paziente in posizione sdraiata e fa uso di uno speculum per esaminare il canale vaginale e l’eventuale presenza della sacca.
In particolare, l'esame rettale consiste nello sforzo di defecazione: questa manovra causa il rigonfiamento del rettocele e consente quindi al medico di osservarne le dimensioni e la localizzazione nella vagina. In questo modo, si riesce a determinare la gravità della patologia. In alcuni centri medici, possono inoltre essere eseguiti esami di imaging del retto, per delineare le dimensioni e la posizione del rettocele.

Un altro test di valutazione importante è il controllo della forza muscolare del pavimento pelvico. In questo caso, si chiede alla paziente di contrarre i muscoli pelvici, come per bloccare il flusso di urina. Se la prova dà esito negativo, significa che il pavimento pelvico è debole.

Inoltre, dopo aver esaminato i sintomi rettali e vaginali del rettocele, il medico, tramite un questionario specifico, approfondisce quanto emerso dall'esame pelvico. Le domande indagano quanto il rettocele influenza la qualità di vita delle pazienti. Le informazioni, che se ne traggono, aiutano durante il percorso terapeutico.

questionario

Esami strumentali

Ecografia e risonanza magnetica nucleare sono due esami svolti di rado. Essi servono, infatti, ad arricchire il quadro diagnostico con ulteriori informazioni, riguardanti la misura precisa della porzione di retto che sporge dalla vagina e il prolasso di altri organi pelvici.

Per valutare, invece, l'efficienza di svuotamento intestinale, si sottopone la paziente a un esame radiografico, chiamato defecografia. Si tratta di un esame radiologico che esamina il canale anale e i suoi collegamenti e fornisce immagini in tempo reale relative alla defecazione del paziente analizzato. In preparazione, circa tre ore prima dell’esame, si effettua un clistere di pulizia per rendere più attendibile ciò che verrà osservato successivamente.
L'esame prevede l'iniezione rettale, tramite catetere, di un mezzo di contrasto a base di bario. Dopodiché il paziente viene fatto sedere su un gabinetto apposito e se ne osservano le contrazioni intestinali, il momento dell'evacuazione e la fase di svuotamento del retto.
Durante la radiografia, se è presente il rettocele, verranno evidenziati il bario rimasto incastrato nella sacca, consentendo di determinare le dimensioni del rettocele, l’eventuale alterata funzione dello sfintere, ed eventuali altre situazioni spesso associate come la discesa del pavimento pelvico, cistocele ed enterocele.
In generale, se il rettocele è più grande di 2 centimetri o ha una significativa ritenzione di contrasto, è considerato anormale.

Il rettocele è una patologia del tutto femminile, che può insorgere a qualsiasi età e, in una minima percentuale dei casi, anche negli uomini.

Sono maggiormente colpite le donne adulte, tra i 40 e i 60 anni, che hanno avuto parto vaginale multiplo o che hanno superato la menopausa.

Un rettocele dovrebbe essere trattato solo se si hanno sintomi significativi che interferiscono con la qualità della vita. Prima di qualsiasi trattamento, dovrebbe esserci una valutazione approfondita da parte del medico.

La maggior parte dei sintomi associati a un rettocele può essere risolta con trattamenti medici. Tuttavia, la giusta terapia di un rettocele dipende dalla gravità dei sintomi. Il trattamento chirurgico è riservato solo ai casi più gravi di rettocele sintomatico.

Non Chirurgici

Trattamenti non chirurgici

La maggioranza dei sintomi di un paziente associati a un rettocele può essere gestita efficacemente senza intervento chirurgico. In questi casi l’obiettivo è quello di raggiungere l’equilibrio nelle abitudini quotidiane relative all’evacuazione e di ammorbidire le feci così da evitare costipazione e sforzi, riducendo il rettocele.

È molto importante avere un buon regime intestinale ed è quindi consigliata una dieta ricca di fibre di oltre 25 grammi al giorno. Ciò può essere ottenuto con un integratore di fibre, cereali ricchi di fibre o barrette ad alto contenuto di fibre.

Anche aumentare l’assunzione di acqua, con 6-8 bicchieri da 300 ml al giorno, consentirà feci più morbide e voluminose che non richiedono uno sforzo significativo con i movimenti intestinali, riducendo così il rischio di avere un rettocele sintomatico. 

Occasionalmente è consigliato anche l’utilizzo di agenti che ammorbidiscano le feci. Inoltre, durante la defecazione è importante evitare di sforzarsi e trascorrere lunghi periodi di seduta sul water.

Fare “biofeedback”, una specifica forma di terapia fisica del pavimento pelvico che mira a migliorare la sensazione rettale e la contrazione dei muscoli del pavimento pelvico, può aiutare a ridurre i sintomi di un rettocele. Altre contromisure raccomandate, in rettoceli dalla forma più lieve, sono la pratica costante degli esercizi di Kegel, per rinforzare il tono muscolare del pavimento pelvico, il controllo del peso corporeo ed evitare di sollevare oggetti pesanti.

Attenersi a questi comportamenti è fondamentale per mantenere stabile la situazione. Nei casi più fortunati, può verificarsi anche una regressione del rettocele.

Per quanto riguarda, invece, rettoceli moderati-gravi, sono previsti due rimedi di tipo non chirurgico:

  • Pessario: è un anello di gomma che va inserito nella vagina per bloccare il prolasso degli organi pelvici. Esistono pessari di misura diversa, in base alle esigenze.
     
  • Terapia ormonale a base di estrogeni: prevede l’assunzione di estrogeni per rinforzare i muscoli del pavimento pelvico. Questo perché un loro calo, causata soprattutto dalla menopausa, indebolisce la muscolatura pelvica.

Pessario ed estrogeni servono ad alleviare i sintomi, ma il loro uso è temporaneo. Spesso, infatti, si ricorre a simili soluzioni per un tempo limitato, in attesa delle condizioni ideali per un intervento chirurgico, in quanto tali contromisure sono provviste di effetti collaterali. Per esempio, l'uso prolungato del pessario causa un'irritazione della cavità interna della vagina.

Trattamento Chirurgico

La gestione chirurgica dei rettoceli deve essere eseguita solo se si continuano ad avere sintomi nonostante l’uso di misure conservative come una dieta ricca di fibre, bere molta acqua e rinforzo del pavimento pelvico.
I motivi per cui il rettocele impone l'intervento chirurgico sono, in particolare, dolore costante e insopportabile, difficoltà di defecazione, fuoriuscita evidente del retto dalla vagina e prolasso di altri organi pelvici, come vescica e utero. Questi sintomi dovrebbero essere sufficientemente significativi da interferire negativamente con le normali attività quotidiane.

Il chirurgo colorettale può anche intervenire in contemporanea, insieme al chirurgo urologo o ginecologo, quando sono presenti anche il cistocele o il prolasso dell’utero. Infatti, se al rettocele si accompagna anche uno di questi disturbi, è possibile risolverli entrambi con una sola operazione.

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Prima dell’intervento, il paziente dovrà eseguire delle analisi del sangue, per escludere anemia o eventuali problemi di coagulazione, e sottoporsi ad un elettrocardiogramma. Inoltre, verrà sottoposto ad un piccolo clistere, per rendere il campo operativo più nitido, e ad una dose di antibiotici per ridurre il rischio di infezione dovute ai batteri fecali.

Tipologie di intervento chirurgico:

  • Transanale (attraverso l’ano), transvaginale (attraverso la vagina) e transaddominale: tutti questi interventi mirano a rimuovere il tessuto extra che costituisce il rettocele e rinforzare il setto retto-vaginale. Questo può essere fatto mediante plicatura (cucendo insieme il tessuto) o utilizzando una rete apposita per rinforzare la riparazione.
     
  • Tecnica STARR: utilizza uno speciale dispositivo di pinzatura, una suturatrice meccanica, che rimuove il tessuto ridondante e lo fissa insieme allo stesso tempo. Questa tecnica deve essere utilizzata solo se un paziente ha altri problemi come la defecazione ostruttiva o il prolasso della mucosa (tessuto rettale che sporge dall’ano).
     
  • Laparoscopia: un rettocele può anche essere riparato attraverso l’addome, per via laparoscopica o aperta. Questo approccio si è dimostrato sicuro ed efficace, ma potrebbe non esserci alcun vantaggio rispetto ad altri tipi di riparazione.

La prognosi del rettocele dipende dal grado di severità del disturbo. Più lieve è la forma di rettocele, migliore è la prognosi. Tuttavia, non va dimenticato che, qualora si trascuri la propria condizione patologica, le probabilità di un peggioramento del rettocele aumentano.
Un discorso diverso va fatto, invece, quando il rettocele è di grado severo. In questi frangenti, il contenimento dei sintomi, mediante pessario ed estrogeni, è un rimedio temporaneo, mentre l'intervento diventa una necessità.

<Dopo l’intervento si possono avvertire tensione, bruciore e sensazione di pesantezza per circa una settimana ed è normale avere piccole perdite di sangue e muco per qualche giorno. In genere, si somministrano lassativi per ammorbidire le feci ed è meglio non compiere sforzi eccessivi nel periodo postoperatorio per far sì che la cicatrizzazione si completi (due o tre settimane). È bene aspettare almeno tre settimane per tornare ad avere rapporti sessuali.

Sesso

Nella maggior parte dei casi, l’intervento è ben tollerato. Tuttavia, come ogni operazione chirurgica, anche l'intervento di rettocele non è esente da complicazioni. Il setto retto-vaginale, infatti, può rompersi nuovamente, nonostante la ricostruzione e il suo rinforzo. La prognosi, pertanto, si fa peggiore.
Inoltre, dopo una operazione chirurgica, avviene una modifica dell’ampolla rettale, il che comporta una modifica della morfologia dell’ampolla rettale stessa. Ciò significa che dopo un intervento per rettocele si possa riscontrare urgenza defecatoria, la quale può spesso essere scambiata per incontinenza. L'ampolla rettale dunque, dopo l'intervento, possiede una ridotta capacità di contenere un normale quantitativo di feci, al punto che la loro presenza anche minima suscita l'impellenza defecatoria. Questi disturbi post-operatori spariscono generalmente dopo 3 o 4 settimane dall’intervento.

Al fine di prevenire il rettocele, o di ridurre il rischio che peggiori, è bene attuare alcune misure preventive:

  • Pratica costante degli esercizi di Kegel, questi movimenti sono in grado di aiutare a rafforzare i muscoli del pavimento pelvico

  • Evitare il sollevamento di carichi pesanti
  • Trattare la tosse cronica, se presente, e non fumare
  • Prevenire la stitichezza, mangiando cibi ricchi di fibre e bevendo molta acqua
  • Mantenere un peso sano

Peso sano

Retto

Retto

Il retto è la parte terminale dell'intestino crasso, ed è compreso tra la porzione terminale del colon discendente o sigma e l'ano. Il retto, come altre parti dell'intestino, si suddivide in diverse componenti: ampolla rettale, retto perineale ed infine canale rettale.
Al momento, non sono presenti interviste associate a questa patologia.
Non sono presenti valutazioni dei sintomi per questa patologia.
Al momento, non sono presenti documenti associati a questa patologia.